E' un giallo, il libro di Mark Haddon, o, almeno, una specie di giallo: un cane viene trovato ucciso, trafitto da un forcone, nel giardino di una villetta e la scoperta la fa un quindicenne autistico che cercherà di svelare il mistero.
Il ragazzo, su consiglio di una delle insegnanti di sostegno, trascrive l'indagine che conduce su un quaderno, che è il libro che leggiamo; conosciamo quindi i fatti dalla narrazione in prima persona dell'adolescente e contemporaneamente partecipiamo alla sua 'anomala' visione delle cose e dei rapporti con le persone. ll titolo stesso del libro è una anomalia: ll curioso incidente del cane di notte (2003).
Nella freschezza del punto di vista, il racconto si snoda tra le fissazioni del ragazzo, la sua voglia di scoprire l'assassino e il suo amore per la matematica, per i quiz e per i puzzle. I rapporti con gli adulti, la polizia, i genitori, i vicini e gli insegnanti, costituiscono un contorno che ci racconta più di quanto sembrerebbe.
Tra le altre cose c'è l'amicizia per il piccolo Toby, il topo che Christopher accudisce amorevolmente e si porta in giro, in tasca, durante parte delle sue indagini. Un rapporto di amore totale, verso un essere che, come lui, ha bisogno di qualcuno che provveda a preparargli un pasto e a dargli un posto dove dormire, come dire: Christopher è per gli 'altri' quello che Toby è per lui.
Leggere il libro, in inglese, è stato molto facile: l'autore usa volutamente un vocabolario ristretto e frasi di facile comprensione e bastano conoscenze di base della lingua per seguire senza problemi l'intera vicenda.
Il tipo dell'io narrante, e la sua amicizia con un topo, non possono non far pensare a due altri classici della narrativa: al vecchio Uomini e Topi (1937) di Steinbeck, e a Fiori per Algernon (1959-1966) di Daniel Keyes.
In Uomini e Topi Lennie, il 'bum' grande e grosso ma con poco cervello, vagabonda con un altro disperato per l'America della depressione prestando giornate di lavoro come bracciante nelle grandi 'farm'. Per sentirsi meno solo cerca sempre di avere con se qualcosa di morbido da accarezzare, gli basta un topolino, che vorrebbe accudire con amore, ma che finisce sempre per uccidere a causa dei modi violenti e dell'imperizia delle sue manone a trattare esserini così delicati.
Lennie farà poi una stupidaggine di troppo e sarà George, l'amico e custode, a dover por fine, definitivamente, alla storia.
[A rileggerla oggi, la traduzione celeberrima di Pavese suona così stranamente demodé che qualche mese fa me lo sono riletto in inglese.]
L'altro classico che il libro di Haddon mi ha richiamato alla mente è Fiori per Algernon, il racconto di un minorato mentale che viene sottoposto ad un intervento chirurgico sperimentale, per portarne il livello intellettuale alla normalità, dopo che gli esperimenti sui topi, ultimo quello sulla cavietta bianca Algernon, avevano dato ottimi risultati scientifici. Charlie Gordon arriva a conquistare la normalità intellettuale e a superarla, diventando un genio dalle straordinarie capacità di apprendimento, ma poi si scopre che il risultato non è permanente e si assiste, tramite la lettura del diario tenuto da Charlie stesso, e che anche in questo caso è il libro che stiamo leggendo, a tutta la parabola discendente che riporta il poveretto, consapevole giorno per giorno di quello che gli succede, ad un livello di QI tragicamente basso. Il suo ultimo pensiero, che trascrive nel diario prima di perdersi nelle nebbie della semi-demenza, è per il topolino bianco che è stato a lungo il suo punto di riferimento, il traguardo da raggiungere e superare per la sua capacità di uscire da un labirinto, e che è morto, vittima della scienza, perché l'intervento chirurgico non era ancora sufficientemente testato.
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