venerdì 9 maggio 2008

Siena, il panaio e il treccone

Saranno le nove e venti, nove e venticinque del mattino. Dall’esterno il suono prolungato e ripetuto di un clackson, poi anche il rumore del motore di un camioncino che arriva.
“Il panaio” dico a mia mamma. “Il panaio?” mi chiede lei, sorpresa.

Mia mamma ha capito perfettamente di cosa stavo parlando. Panaio è un arcaismo toscano e vuol dire, genericamente, ‘venditore di pane’. Non so quanti usino questo termine, il collega G. qualche mese fa mi chiedeva se ne sapevo, come lui, il significato perché si era trovato ad usarlo con degli amici che gli avevano chiesto cosa fosse quella strana parola.
Quando G. me lo ha chiesto, gli ho saputo dire cosa indica la parola, ma ero anche convinto di non averla mai usato. Per lui il termine era più familiare e me lo sono spiegato con il fatto che ha vissuto a lungo in un piccolo paese, quasi un’isola linguistica, dove forse la parola è rimasta diffusa.
Per essere noiosamente didascalico, -aio è un suffisso denominale nominale, secondo una nota classificazione funzionale, per cui da vino si passa a vinaio, da pane a panaio e così via. (Vedi, ad es. L. Serianni, Grammatica italiana, UTET)

“Sì, la mattina a quest’ora passa sempre il panaio e suona, per avvisare che sta arrivando”.
Mia mamma si è stupita, ricordava la vendita ambulante, ma la relegava alle campagne del periodo pre-bellico e non pensava che simile usanza ci fosse in questo quartiere della ‘moderna’ Siena, a poche centinaia di metri da un grosso supermercato. Le ho spiegato come, in realtà, la posizione ‘fisica’ del supermercato, in fondo a una valletta, rende difficile, per molti anziani, lo scendere a far la spesa e poi il risalire con le borse o con i carrellini porta-spesa; mia mamma mi ha confermato che risalire l’erta dal supermercato a casa nostra per lei, che qualche volta lo ha voluto fare, è stato molto faticoso.
“Mi ricordo, quando eravamo in Giarlinga, da bambina, c’erano i Trucconi… “
“I ‘Trucconi’?”
“Sì, passavano dai poderi a comprare polli, conigli, piccioni vivi e uova dai contadini e poi, con il calesse, li portavano in paese per venderli. Per avere buoni rapporti con i loro 'fornitori', facevano delle piccole commissioni, compravano zucchero o pasta, carne dal macellaio o quant’altro gli ordinavano e, quando ripassavano, consegnavano le ordinazioni. Questo ‘servizio’ non lo facevano per guadagnarci, ma per evitare che i ‘loro’ contadini vendessero ad altri Trucconi.”
A questo punto non ho capito più: “Come, ad altri Trucconi, ma Trucconi non era il cognome?” “No, c’erano tre o quattro calessi di trucconi che andavano in giro per la campagna ai miei tempi, ciascuno aveva il suo ‘giro’ di contadini da cui comprava la roba…”

La sera, a cena, mia mamma è tornata sul tema. “Da bambina per la campagna dalle nostre parti c’erano i trucconi…” ha ricominciato, rivolta a mia moglie.
“Trucconi? Vuol dire trecconi” ha ribattuto mia moglie.
“Che trecconi?” ho chiesto io: la cosa si faceva interessante.
“Nel medioevo c’erano i trecconi, i venditori ambulanti, non l’hai mai sentito dire?”
“No”
“E la trecca che a Montaperti prese prigionieri i soldati dell’esercito fiorentino?”
“?”
“Come, non lo sai? La battaglia a Monteaperti – si parla del 1260 – era ancora in corso al vespro e i senesi facevano strage di fiorentini, un vero carnaio. I Fiorentini chiedevano di arrendersi, ma i Senesi facevano finta di nulla e continuavano a massacrarli. Saprai, no, la storia dell’Arbia tinta di rosso dal sangue. A un certo punto il capitano senese si mosse a compassione e fece urlare un bando: chi si voleva arrendere che si consegnasse o era morto. Sentito il bando, sembra che molti Fiorentini, pur di sopravvivere, si legassero addirittura da soli, e ben trentasei si dettero prigionieri alla treccola senese Usilia, che se li portò in città legati, e l’asino che usava per le sue verdure servì per riportare come trofei le bandiere dei Fiorentini e addirittura la campana del loro carroccio!”
“E la trecca Usilia era…”
“La trecca faceva parte del codazzo di persone che seguiva, di necessità, un esercito in battaglia. C’erano le venditrici di generi alimentari, le treccole o trecche, perché i soldati in qualche modo dovevano mangiare e non c’erano le cucine da campo, c’erano musicanti, i biscazzieri, i maghi e gli stregoni (ma questi erano pagati direttamente dal Comune, ci sono le cifre registrate nei libri di Biccherna), ovviamente religiosi vari…”
“E secondo te, trecche, treccole, trecconi e trucconi, insomma stiamo parlando della stessa attività, con un nome che, con qualche variazione, è sempre attuale dopo sette o ottocento anni?”
“Che ti sembra? Ma perché non mi fai mangiare e te ne vai a fare una ricerca su un vocabolario?”

Detto, fatto: dalla Treccani e dal Devoto-Oli:

treccone s. m. (f. -a) [der. di treccare] , tosc. ant. - Rivenditore al minuto di verdure, legumi, frutta o di polli e uova al mercato, o anche d'altre cose commestibili di poco prezzo; rivendugliolo. Adoperato talvolta come voce di spregio: quel popolo misto che ha dato gli eroi e i vigliacchi, gli artefici della vittoria e i t. della disfatta (D'Annunzio) { Dalla Treccani }
Sostantivo maschile (femminile -a), toscano arcaico Nelle campagne toscane, ambulante che acquista direttamente dai contadini uova, polli, conigli, o altri prodotti, per rivenderli al mercato; talvolta come epiteto spreg.: quel popolo misto che ha dato gli eroi e i vigliacchi, gli artefici della vittoria e i trecconi della disfatta (D'Annunzio). Derivato di treccare. { Dal Devoto-Oli }

trécca s. f. [der. di treccare], tosc. ant. - Rivendugliola di verdura e frutta: e se voi non mi credete, io vi posso dare per testimonia la t. mia dallato (Boccaccio), l'erbivendola mia vicina; passando una forese, o trecca, con un paniere di ciriege in capo, il detto paniere cadde (Sacchetti). Ancora usato talvolta, con senso spreg.: pare una t. di mercato! (v. anche TRECCONE). { Dalla Treccani }
Venditrice ambulante di frutta e verdura. Derivato di treccare. { Dal Devoto-Oli }

treccare v. intr. [lat. tricare e *triccare, per il lat. class. tricari « fare imbrogli, usare raggiri », der. di tricae –arum « intrichi. imbrogli »], tosc. ant. – Fare ímbrogli.{ Dalla Treccani }
verbo intransitivo (trécco, trécchi, eccetera; ausiliare avere), toscano arcaico 1. Fare imbrogli. 2. Fare il rivendugliolo o il treccone. Latino volg. *triccare, classico tricari `imbrogliare', derivato ditricae -arum `frottole; imbrogli'. { Dal Devoto-Oli }

rivendugliolo, sostantivo maschile (femminile -a). Modesto venditore al minuto di generi alimentari o di merce di poco valore. Derivato di rivendere, con suffisso peggiorativo. { Dal Devoto-Oli }

Interessante, vero?, anche la provenienza da treccare, imbrogliare, per un termine che indica un commerciante...

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