Parlava stasera a cena, mia moglie, di santi. Il discorso, lungo, è partito dai protomartiri francescani, passando per il non ancora santo Antonio da Padova, per arrivare a S. Francesco d'Assisi (1182-1226).
Nel 1818, all'inizio della Restaurazione - mi ha raccontato - la Chiesa aveva ripreso ad interessarsi di S. Francesco e ci si era accorti che, dopo una prolungata serie di opere per proteggerne il corpo dai furti, la muratura completa ordinata da papa Sisto V (1476) e altri interventi di cementificazione della zona attorno alla sepoltura, si era persa traccia dei resti del Santo, da sempre presenti nella chiesa stessa. Pio VII aveva ordinato di effettuare degli scavi, tra le aggiunte e i consolidamenti, per rintracciare la bara (o meglio, il sarcofago). Per una cinquantina di giorni, narrano le cronache, i lavori erano andati avanti in gran segreto e di notte, per arrivare poi al ritrovamento l'8 dicembre.
Per accertarsi di aver rinvenuto proprio le reliquie del Santo, il sarcofago era stato aperto alla presenza di numerosi testimoni. Tra la meraviglia degli astanti, il corpo si era presentato con le fattezze ben riconoscibili del piccolo frate (fu misurato: un metro e mezzo). Come si sente raccontare in casi simili, in poche ore, a contatto con l'aria, gran parte del corpo si era polverizzato, lasciando al posto del Santo la sola tunica a ricoprirne il cranio, qualche costola e il bacino. La chiesa autorizzò il prelievo soltanto delle polveri come reliquie, provvedendo poi a far richiudere il tutto. Nella bara, dicono i testimoni, c'erano anche le pantofole di lana e feltro, fatte da S. Chiara, qualche anello, pochi spiccioli, dei grani di rosario ed un corno lavorato, dono del Sultano d'Egitto, (Francesco, per un paio di mesi in Terrasanta nel 1219, aveva avuto modo d'incontrare al-Kamil). Il santo avrebbe poi usato il corno da caccia, in avorio e argento, per farne un 'richiamo' per i fedeli in occasione delle sue prediche.
Per rimanere in tema ho raccontato anche io la mia storia di 'reliquie':
La mia notizia non è dell'Ottocento, ma è stata pubblicata recentemente da Nature
L'autorevole fonte riferisce che i resti di Giovanna d'Arco (1412-1431), proclamata santa da Papa Benedetto XV nel 1920, sono stati sottoposti ad una serie di analisi, tra cui un curioso esame 'olfattivo' che ha visto come analisti due celebri 'nasi' francesi, due esperti cioè che lavorano in aziende che producono profumi e per le quali selezionano le nuove fragranze che vengono create.
L'esame olfattivo, a cui i resti sono stati sottoposti senza specificare di quale tipo di oggetto si trattasse, ha dato uno strano risultato: odore di gesso bruciato e di vaniglia, difficilmente compatibile con le cause della morte. Giovanna d'Arco, lo sappiamo, è stata bruciata, e per ben tre volte, perché alcune parti del suo corpo non ne volevano sapere di essere distrutte dal fuoco (si gridò al miracolo); l'odore di vaniglia invece è tipico di una normale decomposizione.
Esami con il carbonio 14 e con lo spettrometria di massa hanno dato una indicazione che ha fornito agli studiosi una risposta precisa: quelle che venivano ritenute le reliquie della Pulzella d'Orleans non erano altro che i resti di una mummia egizia del 3° o 6° secolo avanti Cristo, e di un gatto imbalsamato insieme alla mummia.
ICONOCLASTA!!!!!!
RispondiEliminaLo sai che Giovanna d'Arco, dopo il film, dove la pulzella di Orleans era interpretata da Milla Jovovich, è diventata una delle icone del mondo gay?
RispondiEliminaRenée Falconetti, che fu la Giovanna d'Arco de 'La Passion de Jeanne d'Arc' di Dreyer nel 1928, quando morì si fece cremare!
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