Scrive l'abate Ferdinando Galiani, in una lettera a Denis Diderot dell'agosto del 1776:
Dunque, per spingere una nazione al più sublime grado di perfezione, bisogna lasciare il più gran disordine mescolato con l'ordine, la maggior quantità di passioni in contrasto con le ragioni, la maggior quantità d'energia col maggior numero di regole, il maggior numero di leggi col piú di infrazioni, il maggior numero di regole col più di eccezioni.
Se lasciate agire unicamente le passioni, avrete i popoli della Guinea, dell'Africa; se frenate completamente le passioni con i regolamenti, avrete i Cinesi. Guerra eterna tra gli uni; pace perpetua tra gli altri. Nessuna arte, nessuna industria tra i negri. Tutte le arti spinte alla più noiosa perfezione presso gli altri. L'Europa è tra i due e mi pare in miglior stato dell'una e dell'altra.
F. Galiani,
Sentenze e motti di spirito, Roma, Salerno Ed., 1991
Nota personale:
Quando la prof di lettere ci informò, sarà stato l'inizio di maggio (eravamo vicini alla fine della seconda media) che di lì a pochi giorni, per festeggiare l'Europa, avremmo potuto, se lo volevamo, partecipare allo svolgimento di un tema o a preparare un qualche disegno celebrativo, la classe si trovò unanime nel farle presente che dell'Europa, e del tema, e del disegno, non ci importava proprio nulla. La prof non insistette, accettò la nostra decisione e tutto finì lì. O almeno questo era quanto pensavamo.
Nel giorno della Sacra Ricorrenza del Festeggiamento, senza preavviso, comparve in aula il Signor Preside. Alto, scuro di pelle e di capelli, uno sguardo sempre severo, venne a redarguirci per il nostro scarso (inesistente!) entusiasmo per la Celebrazione: la prof gli aveva riferito che nessuno di noi voleva partecipare all'evento.
Dell'Europa 'politica' non sapevamo nulla: non ne avevamo neppure una cartina in aula ma, lo giuro, io ero in grado di ricordarmi tutte le notiziuole lette sul libro di Geografia: che per esempio la Jugoslavia era il maggior produttore di bauxite (anche se non sapevo che cosa fosse la bauxite!) e potevo dirne anche il peso della quantità estratta. Oltre a questi dettagli, dell'Europa, politica e civile, non sapevamo davvero niente. Ci sorbimmo, silenziosi e attenti, un non breve concione del Signor Preside sull'importanza dei popoli che vivevano da secoli sulla stessa terra, che avevano una storia comune, che non potevano non sentire tra loro un'umana solidarietà e comunanze, e così via.
Alla fine, convinti dall'Autorità, cambiammo opinione e decidemmo di partecipare alle prove scritte. Dato che la mia fantasia e le mie abilità manuali mi hanno sempre precluso l’esprimermi graficamente, optai ovviamente per lo svolgimento del tema. In quello stesso momento nell'Istituto (una trentina di classi) tutti gli scolari erano chini sui banchi a fare la stessa cosa.
Non ricordo cosa scrissi e la faccenda era così poco importante che nessuno di noi se ne interessò più, finché una mattina, durante la ricreazione, la prof di lettere mi chiamò nel corridoio, mi fece andare vicino allo sguancio di una delle grandi finestre, tanto per essere in un angolo relativamente privato e tranquillo, e con uno sguardo rattristato mi comunicò, con una faccia che preludeva a una brutta notizia, che dopo la correzione dei compiti per la Celebrazione del Giorno dell'Europa, il mio tema era risultato in migliore in assoluto di tutto l'Istituto. Purtroppo, aggiunse con tono dispiaciuto, non avrebbero potuto assegnarmi il premio previsto perché avevo svolto il tema contro l'unione delle nazioni europee!
Devo dire che focalizzai l’attenzione solo sulla prima parte della comunicazione: la buona notizia compiacque la mia vanità e il non aver vinto un premio non mi dispiacque minimamente.
L'episodio mi è tornato in mente in questi giorni di incapacità
europea di affrontare, e risolvere, i problemi come fossimo un solo
popolo.