Certe serate ti avvitano nel multistrato dei ricordi e, quando serri la vite, un po' fa male. Poi il legno cede e tutto va a posto.
Stavamo cenando con la TV accesa, parlando; ogni tanto un'occhiata alla trasmissione, ogni tanto un cambio di canale, tra un TG e l'altro, tanto sono così uguali e hanno le stesse scalette che capita di trovare su una rete il proseguimento di un servizio iniziato su un'altra.
A tavola anche mia mamma, ospite per qualche giorno a Siena. In TV hanno balbettato di un aumento delle pensioni minime e poi c'è stata la solita 'tirata' sulle famiglie 'che non arrivano all'ultima settimana del mese'. "E dove vanno?" ho commentato, cinico, a bocca piena.
Mi sono rivisto allora davanti nonno Angelo: malvestito, la barba e i capelli brizzolati tutti arruffati. Avevo tre anni, forse tre anni e mezzo e nonno Angelo, lo chiamavano così non perché fosse il suo nome ma per la mitezza del carattere, era un mendicante che se ne andava in giro per le strade di Follonica, cinquanta anni fa. Ho il ricordo di una ciotola di stagno e di un cucchiaio di rame; ogni tanto qualcuno gli dava qualcosa da mangiare; nessuno lo trattava male, tanti si ricordavano ancora della fame del periodo della guerra.
Era sicuramente un estraneo, ma non mi faceva paura: gli animali uomo sono spaventati dagli 'anomali', gli altri animali sono particolarmente aggressivi o impauriti in presenza di mendicanti, di down o di malati di mente; ho notato varie volte questi atteggiamenti nei cani e nei gatti.
Mia mamma mi ha allora raccontato dell'hard discount vicino a casa sua; hanno un cassone dove rovesciano gli scarti della frutta e della verdura; ogni tanto ha visto alcune persone, non del negozio, andarci a curiosare. Glielo hanno dovuto spiegare alcune sue amiche, lei non lo aveva capito e non voleva crederci: c'è chi rovista tra gli scarti di un supermercato per trovare qualcosa da mangiare ma non si tratta né di extra comunitari, né di barboni malvestiti: sono cinquantenni italiani, vestiti decentemente, che non possono però più permettersi di vergognarsi. E questo nella grassa Maremma.
"E andiamo a portare aiuti in Kosovo!"
"Il gelato, non si mangia il gelato stasera?" "Che gelato vuoi?".
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