lunedì 9 luglio 2007

Chiavi e buoi

Tutto è cominciato con un documentario, su Canale 3 Toscana, sui buoi che a Siena, in Piazza del Campo, tirano il Carroccio durante la sfilata che precede la carriera del Palio. Il servizio mostrava la coppia di bestie tranquille e ormai non più use ai lavori nei campi, che si 'allenavano' per la loro passerella annuale.
Mi sono soffermato sulle immagini perché non avevo mai visto aggiogare una coppia di buoi, ed ero curioso di capire come gli animali trasferissero lo sforzo al carro da trainare; mi immaginavo una qualche 'pettorina', come i cavalli o gli asini.

Invece il giogo si adatta ai colli, viene fissato ai sottogola degli animali con una correggia di cuoio e rimane fisso un po' per il peso, un po' per l'osso della schiena che sporge e che costituisce il punto di attacco delle forze (ad essere precisi si chiama giogo doppio di garrese). Tra le due insenature del giogo c'è un anello, dentro il quale viene fatto passare il timone del carro da trascinare; lo scorrimento del timone viene bloccato semplicemente da una sbarra (in ferro) che rimane al suo posto per semplice forza di gravità, la cavicchia.
Il termine cavicchio mi è noto, è un bastoncino di legno, per un qualche uso generico, piantato nel muro o per terra (o facente parte integrante di uno strumento musicale, ma allora è un bischero) ma ho dato credito all'espressione dell'allevatore aretino: se un vecchio contadino toscano usa una parola in un certo modo, si può star sicuri che ha un significato specifico e non è una semplice corruzione popolare di una parola del vocabolario in uso.
Cavicchia, al femminile: dunque qualcosa di più grande di un cavicchio. "Un particolare tipo di chiavarda" , dice il Devoto-Oli, un "organo di fissaggio o collegamento, simile al bullone e funzionante come una vite prigioniera." Etimologicamente derivato di chiave.
La derivazione da chiave non la sapevo né l'avevo pensata.
E dunque, dal greco KLEIS, derivano clavis (da cui chiave) e clavus (da cui chiodo) e , immagino, claviculus, piccolo chiodo, cavicchio. Perché le chiavi erano, originariamente, nient'altro che dei pezzi di bronzo o ferro, opportunamente sagomati che non servivano a far ruotare un tamburo, come nella serratura di casa, ma a far scorrere un paletto o a muovere un sali-scendi.
La famosa chiave del tempio di Artemis Hemera a Louisoi, in Arcadia, risale al V sec. a.C., e tutto sembra tranne che una moderna chiave; (ce ne sono di ben più antiche, risalenti all'età del bronzo. Vedi il catalogo della mostra Oltre la porta tenuta a Trento nel 1996).

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