Spesso uso l'e-mail per comunicare in maniera 'asincrona' con qualche amico, per dare il tempo a lui, e a me stesso, di fare anche altre cose durante la conversazione. Questo tipo di comunicazione, un po' meno diretta della chat, offre anche la possibilità di riflettere un po' di più, senza la pressione di vedersi scrivere dieci volte: "C6?"
Ci mandiamo, insomma, messaggi a raffica fino a quando abbiamo qualcosa da dirci; se l'altro risponde rilanciamo da fondo campo e via così fino a che uno dei due si annoia o va a letto.
Il tema di ieri sera era, ovviamente, il ballottaggio per l'elezione del sindaco a Siena.
L'amico con cui 'parlavo' non ha partecipato alla votazione del secondo turno perché i due gruppi di sopravvissuti gli sembravano costituiti da un'accozzaglia di 'ribaldi', indegni, secondo lui, di esser appoggiati e votati da un onest'uomo. Io sostenevo invece che in politica solo la sinistra a cui appartiene lui crede ancora che ci siano dei duri e puri e che la banale logica de: "il nemico del mio nemico è mio amico" fosse una logica pagante qui, a Siena, ora, dove le macerie di ASL, Amministrazione Comunale, Università, Fondazione MPS e Banca MPS sono sotto gli occhi di tutti, anche se ci ostiniamo a camminarci sopra facendo finta di niente, tenendo sul naso un fazzolettone rosso aperto a proteggerci dalla polvere che ammorba l'aria.
Visto che entrambi abbiamo radici in paesetti delle colline fuor di provincia, gli paventavo il futuro di una Siena che si sarebbe ridotta, come al paesello, a un gruppetto di vecchi, seduti su sedioline impagliate tutt'intorno alla statua del Bandini, a raccontarsi le favole di com'era grande e bella Siena una volta, di che magnifica Banca avesse, di che eccellente Università, e via ciarlando.
Mi rispondeva, lui, amareggiato, che è impossibile dare il diritto di voto a tanti che neppure capiscono cosa siano la politica o la gestione della cosa pubblica e io, ripetendo un mio vecchio scherzo, mi compiacevo che finalmente anche lui, uomo di sinistra estrema, fosse d'accordo con quanto sosteneva lo Scià di Persia che affermava che avrebbe dato il diritto di voto ai suoi sudditi solo quando tutti loro avessero avuto una laurea. (Ma adesso, con la 'laurea breve' non me la sentirei più di condividere questa affermazione...)
E gli rammentavo come, al posto di uno Scià e della sua corte, in Iran ci fosse arrivato poi uno sciame di tonaconi neri, capeggiati da quel tal Khomeini che la rivista Time nominò uomo dell'anno per il 1979.
Il botta e risposta a un certo punto si è interrotto, non so più se per la mia stanchezza o per la sua, e stasera sono qui, a vedere i risultati, cercando di farmi venire in mente se da qualche parte, in cantina, ho ancora una di quelle vecchie sedie di legno che mio nonno, già più che ottantenne, impagliava per sedercisi poi al fresco ma non per parlare dello splendore dei tempi andati bensì per discorrere del futuro, leggendo di tanto in tanto qualche articolo dall'amato quotidiano politico del suo partito.
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