Come è andata?" chiedo ad A., al rientro da una visita da un cliente prospect. "Mah - dice lui - è stato un incontro lungo, ma tanta fuffa e basta" e lo dice non con il tono compiaciuto che potrebbe avere un commerciale, contento di aver avvolto il cliente col suo profluvio di parole, ma con l'atteggiamento dispiaciuto del tecnico, evidentemente costretto a parlare in un linguaggio fumoso e generico, non trovando l'interlocutore all'altezza di una discussione alla pari.
Fuffa è un termine, sicuramente non toscano, che indica cose inutili e polverose, come quelle che si accumulano sotto letti e divani e si trasformano in lanugine al passaggio di una scopa.
E la fuffa, se si può, va evitata.
Mi è venuta l'associazione di idee leggendo, ieri, un post dal blog di if:book l'istituto per il futuro del libro, una fondazione americana che analizza appunto cosa succede alle informazioni nel passaggio dalla fruizione cartacea a quella elettronica su web.
Nel post si parla di un software realizzato da Arc90, Readability, che, aggiunto a mo' di sito preferito nella barra di un browser, si può attivare quando si visita una pagina in cui il contenuto che ci interessa è circondato da cruft, che mi piace tradurre appunto con fuffa: la fuffa scompare e viene posto in bella evidenza il solo testo che si legge.
Il software è in fase di prova, e dubito che possa essere usato indistintamente per ogni sito ma, dove funziona, fa un bel lavoro.
Un esempio: sopra la pagina originale di un blog, sotto la stessa pagina dopo esser passata da Readability
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