Tito Livio ci racconta di Evandro, un greco del Peloponneso che si era stabilito ai piedi del Palatino, introducendo alcune usanze greche. (Livio, Storia di Roma, Lib. I).
Ercole, rubate delle mandrie di buoi a Gerione, dopo averlo ucciso e dopo una lunga fuga, si era messo a riposare proprio tra Aventino e Palatino, in una spianata che sarebbe diventata il Foro Boario.
Mentre Ercole dormiva, dopo aver pranzato e bevuto abbondantemente, un pastore del posto, Caco, gli rubò a sua volta alcuni dei buoi più belli. Al risveglio, Ercole si accorse del furto e, attirato dai muggiti che i buoi rubati e rinchiusi in una grotta emettevano in risposta al richiamo degli altri animali che stava spostando, scoprì il ladro e lo uccise con un colpo di clava. Caco aveva chiamato in soccorso altri pastori, che avevano colto l'assassino in flagranza; i pastori avevano fatto intervenire allora il greco Evandro che, anche se non aveva una autorità formale, godeva di ampia considerazione per il fatto di saper scrivere e perché sua madre aveva sbalordito quelle genti con le sue doti di profetessa.
Evandro si fece fare un resoconto della vicenda e riconobbe nello straniero Ercole, figlio di Giove, che sarebbe divenuto in seguito immortale, e in suo onore fu costruito un grande altare e sacrificato l'animale più bello della mandria. L'Ara Maxima vedrà, da allora ogni anno, i sacrifici in onore di Ercole.
La stessa storia viene ripresa da Virgilio, nel libro VIII dell' Eneide. Evandro la racconta ad Enea, che ha appena risalito il Tevere sino alla città di Pallante, di cui l'arcade è, in questa versione, re.
Il racconto dello scontro tra Ercole e Caco ha qui toni diversi: Caco sarebbe stato un gigante mostruoso, figlio di Vulcano, metà uomo e metà animale, che tiranneggiava il paese. Dopo il furto del bestiame ad Ercole, Virgilio descrive la lotta tra i due come uno scontro tra titani, con rocce divelte, rupi usate per demolire la grotta di Caco, alberi e saette scagliati contro il malcapitato ladro, che si difende sputando fuoco, fiamme e denso fumo. Nel buio fitto di questa cortina fumogena Ercole afferra Caco e
lo serra in una stretta terribile, mentre questi vomita inutili fiamme, e lo soffoca e lo stritola: gli occhi gli schizzano dall'orbita, il sangue va via dalla gola.Ed è proprio per ringraziare il figlio di Giove di averli liberati dal mostro che viene costruito l'altare e stabilita la celebrazione annuale della festività.
Dante (Inferno XXV 25-34) sembra dar credito, nella descrizione di Caco, alla storia di Livio invece che a quella di Virgilio, che pure è la sua guida.
I resti dell'Ara sarebbero inglobati nella chiesa di S. Maria in Cosmedin, che sorge in quei luoghi che ricordano, per vari segni toponomastici, la presenza arcaica di popolazioni greche.
Nessun commento:
Posta un commento