Il libro sul comodino è Un uomo finito [1912], di Giovanni Papini, in un'economica edizione Vallecchi del 1974.
Una scrittura potente, enfatica, una lingua energica e strabocchevole, parole sonore e vibranti, il bollire e poi il sobbollire di un giovane artista pieno di idee ne sono le caratteristiche principali.
Lo sto rileggendo, dopo averlo scovato in cattive condizioni nascosto in cantina: la colla della rilegatura era una pessima colla a caldo, di quelle che fanno rompere la costola al solo aprire le pagine, difetto presente forse già al momento della pubblicazione (lo ricordo anche in altri volumi della stessa collana). L'avevo letto, credo alla fine degli anni settanta, ma sicuramente non ero mai arrivato alla fine (a pagina 123 c'è una piegatura nell'angolo per segnare l'estremo limite raggiunto).
Vale la pena di leggerlo? Sì, foss'altro che per la lingua e per la testimonianza del fervore letterario italiano nel primo decennio del secolo passato.
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