Per andare su Marte non ci vuole molto, in meno di dieci giorni si riesce ad arrivare viaggiando senza troppa fretta.
Quattro scienziati e un reporter si imbarcano, trench, cappello in testa e valigie alla mano, su un razzo interplanetario dal tipico aspetto retrò di ogiva a punta aguzza.
La storia non ci racconta nulla della preparazione del velivolo né tanto meno di allenamenti fatti dalla ciurma; si parte la mattina presto, ci si lega all'esile poltroncina della zona di comando o ci si assicura su brandine a castello, con tanto di coperta di lana messa a doppio per attutire la forza di accellerazione, si accendono i razzi e via, verso il pianeta rosso.
Per combattere l'assenza di gravità a bordo c'è un non meglio specificato stabilizzatore magnetico e invece di usare la radio per comunicare con la Terra, si lanciano nello spazio certi razzetti, simili alle bottiglie di naufraghi, con pagine di messaggi.
Il motore, lo si scopre in seguito, è invece a propulsione atomica.
Quando arrivano su Marte (sì, l'"ammartaggio" è un po' brusco e il motore si danneggia seriamente) i cosmonauti (così vengono chiamati nella versione italiana e saprete che cosmonauti è il nome con cui ci si riferisce ai navigatori spaziali russi, mentre quelli americani si chiamano astronauti e quelli cinesi taiconauti), scendono con i loro vestiti da viaggio (giaccone in pelle e cuffietta di cuoio come gli aviatori della II Guerra Mondiale), respirando con una risibile mascherina di ossigeno; i Marziani che li accolgono, tecnicamente più progrediti, sono invece dentro eleganti scafandri bianchi.
I Marziani, che sono assolutamente umani, respirano ossigeno e vivono in città scavate nel sottosuolo, parlano correntemente l'inglese imparato ascoltando le trasmissioni radio dalla Terra e li aiuteranno (con qualche colpo di scena e le immancabili storie d'amore) a rientrare sul nostro pianeta. Il progetto del nuovo motore che devono approntare viene preparato su un minuscolo tavolo da bar.
Povero, ingenuo e con attori di minima qualità, ha il solo merito di essere un film 'pioniere', girato, sicuramente con poca spesa, nel 1951.
Effetti speciali? Un paio di sciami di meteoriti incontrati durante il viaggio e un denso fumo che esce dagli ugelli del razzo a propulsione nucleare quando danno 'tutta potenza'.
Frasi celebri?
Alla partenza:
- E' un conforto lasciarsi dietro qualcuno, qualcuno a cui si è dato la vita o la conoscenza.
Su Marte:
- Li inviterò ad una partita di bridge.
- Bridge? Se lei glielo insegna la odieranno in eterno.
- I solitari sono noiosi, sia i giochi che le persone.
Nota 1: il film è in Cinecolor ma io l'ho visto ieri sera in questo scadentissimo bianco e nero.
Nota 2: QUI qualche locandina e alcuni fotogrammi del film.
Clic sull'immagine per una locandina più grande.
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