Da bambino, contrariamente a quanto capita abitualmente, non disdegnavo i frutti asprigni.
Quando avevo sette od otto anni aspettavo con impazienza di poter mangiare certe ciliegie bianche, sode e acidule, che nascevano su un grande albero nell'orticello del nonno; pur apprezzando le profumatissime e sanguigne susine Santa Rosa, la dorata Claudia o le piccole, povere e dolcissime Verdacchie, andavo matto anche per le Nespole, non quelle stuccosamente dolci e mature ma quelle che avevano la buccia poco più che imbiondita.
Stamani, dalla finestra dello 'studio' di mia moglie ne ho colte, da un nespolo che è nel nostro piccolissimo giardino, due giomelle, come avrebbe detto mio nonno.
E giomella (o giumella) è:
"Sorta di misura, ed è tanto, quanto cape nel concavo d'ambe le mani per lo lungo accostate insieme", come riporta la 3^ edizione, quella del 1691, del Vocabolario della Crusca.
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