Non sapevo neppure come leggerlo quel cognome, Kopechne, ma la storia, che trovai per caso su un settimanale, un'estate di quaranta anni fa, mi colpì: un sorridente Ted Kennedy, giovane rampollo della famiglia tanto discussa eppure osannata dai liberal, non solo americani, ed una ignota ventottenne che aveva lavorato nello staff del fratello Robert, legati da un fatto di cronaca nera: la morte della ragazza a seguito di un incidente d'auto da cui il Kennedy si allontanò il più rapidamente possibile, per evitare un coinvolgimento.
Una vicenda mai chiarita (intorno ai Kennedy la CIA ha sempre fatto scudo, soprattutto quando si trattava dei loro rapporti con le donne), ma forse una gran vigliaccata, visto che la cronaca ci dice che, una settimana dopo l'incidente, Ted Kennedy fu dichiarato colpevole di aver abbandonato la scena dell'incidente e fu condannato a due mesi, con la sospensione della pena.
La storia, ricostruita in maniera romanzata, servì a Joyce Carol Oates per il suo Black Water, (Acqua nera) [1992], che ho finito di leggere da pochi minuti, con l'unico rimpianto di aver spezzato la lettura in tre blocchi distanti alcuni giorni l'uno dall'altro, mentre il lungo racconto, drammatico e intenso, andrebbe letto d'un fiato, per sentire tutto l'affanno della ragazza che sta annegando, con i ricordi della mattina che le riaffiorano vivissimi e i brevi flash-back della sua vita che le ritornano alla memoria, mentre, prigioniera dell'auto del Senatore, sta lentamente annegando in una palude d'acque luride.
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