Ah, Riforma: che parola portatrice di novità, di miglioramenti, di nuove speranze, che vocabolo sonoro e solare, foriero di cambiamenti e di audaci progetti...
Ce ne sono di così belle, di Riforme, che vale la pena di parlare anche solo di un frammento di queste ciclopiche realizzazioni per vedere, chiaramente, anche la totalità dell'opera immane che si sta compiendo.
Prendiamo un ministero a caso: il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali che fu istituito da Spadolini nel 1974. Non si usavano ancora le sigle ma si sarebbe dovuto chiamare MiBCA
Nel 1998, durante il primo governo Prodi, fu istituito il nuovo Ministero per i Beni e le Attività Culturali (alle quali si andò ad aggiungere la promozione dello sport e di impiantistica sportiva e la promozione delle attività dello spettacolo in tutte le sue espressioni): il MiBAC.
Nel 2013 il governo Letta affidò le competenze del Turismo al Ministero che assunse la denominazione di Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo: il MiBACT.
Nel 2018 sorse una nuova struttura a denominazione di Ministero per i Beni e le Attività Culturali: il MiBAC.
Da pochi giorni la struttura in oggetto è stata ribattezzata Ministero della Cultura.
Abituati all'orribile uso degli acronimi, molti hanno pensato che adesso sarebbe stato abbreviato in MinCul, con gran gioia per chi è avvezzo ai giochi di parole di vario spessore culturale.
Ma dal Ministero, con urgente circolare, hanno informato ufficialmente che l'acronimo sarà: MiC.
Grazie a questa nuova Riforma, allora, i dipendenti del Ministero si dovranno affrettare, ancora una volta, a sbianchettare il vecchio nome e a vergarne il nuovo sui moduli e sulle pagine intestate che popolano le loro scrivanie; a rifare le lapidi, le targhe e le targhette, i timbri, i sigilli per ceralacca e quant'altro si usa modernamente negli uffici di tale struttura.
Vi rendete conto di quanti e quali sforzi riformatori sono stati compiuti più e più volte in così pochi anni?
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