Avevo sei o sette anni e mi sentivo a disagio nel sedile posteriore di quella Fiat Seicento: era la prima volta che salivo su un'automobile.
Mi stavano accompagnando a casa dopo la festa di compleanno del mio compagno di banco; anche se abitavamo a poche centinaia di metri di distanza, io da una parte e lui dall'altra dell'edificio delle Scuole Elementari, il babbo di Ettore aveva cortesemente deciso di farmi da taxista.
Arrivati a uno stop, appena superata la Scuola, mi chiese: "Ora devo andare a destra o a sinistra?". Io rimasi nell'imbarazzo, non sapevo cosa rispondere. "Di qua" decisi alla fine, agitando una mano. Ci avviammo.
Mi stavano accompagnando a casa dopo la festa di compleanno del mio compagno di banco; anche se abitavamo a poche centinaia di metri di distanza, io da una parte e lui dall'altra dell'edificio delle Scuole Elementari, il babbo di Ettore aveva cortesemente deciso di farmi da taxista.
Arrivati a uno stop, appena superata la Scuola, mi chiese: "Ora devo andare a destra o a sinistra?". Io rimasi nell'imbarazzo, non sapevo cosa rispondere. "Di qua" decisi alla fine, agitando una mano. Ci avviammo.
Ettore dal sedile davanti si voltò a guardarmi, sorridendo complice (eravamo i più bravi della classe, amicissimi ma sempre in competizione) e mi disse: "Neanche tu sai la differenza tra destra e sinistra!"
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