Scendere nella mia cantina non ha più l'attrattiva che aveva sino ad un decennio fa, quando abitavo in una casa in cui si erano accumulati quasi quaranta anni della vita della mia famiglia; la cantina attuale è una stanza dipinta di bianco e ben illuminata, posta a livello stradale: le mancano il fascino della penombra, il diffuso odore di muffa e le ragnatele che, tra una visita e l'altra, si formano di solito negli angoli più lontani.
Non ci sono più in giro attrezzi utili per lavorare la terra o il giardino, né si vedono fiaschi di vino, mazzetti di peperoncini messi a essiccare, barattoli di marmellata o di pomodori amorevolmente preparati una stagione per l'altra.
Non ci si trovano neppure quei pezzi di mobilia mezzo rotti, quegli apparecchi elettrici che un giorno si sperava di avere il tempo di aggiustare, quelle sedie scompagnate che si sarebbero potute rendere utili in caso di una riunione conviviale affollata; tanti vecchi pezzi di ricordi sono stati abbandonati o si sono persi, tra un trasloco ed un altro, e su qualcuno il rimpianto strugge.
Ma se si va tra quelle cose, vecchie e polverose, senza cercare assolutamente nulla, magari solo per trovare un angolo dove abbandonare, senza che ingombri troppo, qualche barattolo di vernice appena, appena usato, ecco che, per pura serendipità, escono fuori oggetti dimenticati o, addirittura, mai visti.
E così qualche giorno fa il mio sguardo è stato attratto da una fila di libri posti sul ripiano più basso di uno scaffale, libri dal dorso bianco con una rigatura rossa nella parte superiore: indubbiamente un blocco di Urania.
Libri mai letti: un'intera annata; l'abbonamento alla rivista fu un regalo che feci a mia sorella un Natale di venti anni fa e qualche tempo dopo lei deve avermi dato in prestito per la lettura quelle decine di romanzi. Io li ho depositati in cantina, per poi dimenticarmene, ché la fantascienza non è più tra le mie letture preferite.
L'occhio è caduto, probabilmente perché la settimana scorsa ho finito di leggere La sottile linea scura, su due dorsi che portavano il nome di Joe R. Lansdale. Ho estratto dalla fila i volumi e me li sono portati in casa. Delle multiformi attività, non solo di scrittore, di Lansdale devo aver letto e quindi ero curioso di conoscere cosa ha saputo scrivere di SF.
Ho iniziato a leggere La notte del drive-in; dopo qualche pagina di scrittura relativamente normale, con il racconto fatto in prima persona dall'adolescente protagonista, la storia si trasforma vistosamente, iniziando con una possibile ambientazione di fantascienza ma diventando poi un guazzabuglio di pulp e splatter (se questi sono i termini corretti) che ho letto con grande fastidio e terminato sforzandomi come mai mi è capitato (a dire il vero, mi era successo trenta anni fa con Il caso Mauritius, libro che oggi forse potrei riprendere in mano e leggere con occhi diversi; di libri abbandonati senza finire di leggerli me ne son capitati raramente); ha poco più di cento pagine, questo Urania, ma la sensazione di aver sprecato alcune ore del mio tempo è stata netta.
Ovviamente del secondo libro, Il giorno dei dinosauri, mi sono bastate poche righe per capire che era una sorta di 'sequel' del precedente e quindi entrambi sono tornati velocemente in cantina, ma solo perché ho trovato una certa repulsione a buttarli nel contenitore della carta da riciclare.
Forse potrei abbandonarli su una panchina, magari qualcuno li potrebbe apprezzare...
Concordo. Però io ho abbandonato molti più libri, se non mi "acchiappano" non ho pietà. Ma, per fare un piacere a mia sorella, ho letto tutto il primo malloppo di Faletti: è stata dura, e ne porto ancora le conseguenze.
RispondiEliminaBisogna imparare "L'arte di non leggere i libri", come dicevano Fruttero & Lucentini in una storica serie di trasmissioni RAI, del 1994. (Alcune puntate sono online sul sito delle Radio Audizioni Italiane).
RispondiEliminaE quel primo Faletti, diceva mia mamma, buona lettrice di gialli, troppo pieno di morti ammazzati...