sabato 1 novembre 2008

Jauchzet, frohlocket!

Jauchzet, frohlocket! auf, preiset die Tage!
Gioite, esultate! Lodate questo giorno!

Siamo in anticipo, coi tempi del calendario, ma dallo stereo dello studio sta andando il Weihnachts Oratorium (Oratorio di Natale) di Bach. Mia moglie ha ritrovato per caso il vecchio box di musicassette in qualche recesso e abbiamo deciso di ascoltarlo insieme. I vicini ci stanno risparmiando la loro produzione di rumore da un paio di ore e forse qualche brano riusciremo ad ascoltarlo in pace. Lei sta cucendo l'orlo di un bel tappeto da tavolo che, tra poco, coprirà la mia scrivania. Il rumore della macchina da cucire va in parallelo con Bach; lei si ferma per un attimo e mi dice: "Colette, la scrittrice, diceva che Bach è una divina macchina da cucire, ora possiamo verificare se è vero!"


Io sono in piedi, ben bilanciato, al vertice del triangolo che ha come base la distanza fra le due casse acustiche, in quella che dovrebbe essere la posizione migliore per un ascolto stereofonico. No, non ho messo effetti 'surround' o 'home theatre', la musica è in semplice stereo come negli anni settanta, un po' equalizzata, ma assolutamente 'naturale'.
Il suono schizza fuori gioioso, il coro e le trombe ti riempiono il cuore di letizia.
L'Oratorio di Natale è una delle mie più vecchie conoscenze musicali. Me lo 'presentò' Alessandro negli anni del liceo: nella sua cameretta aveva un impianto stereo, un incredibile 'piatto' con cambiadischi e amplificatore integrati, acquistato dalla Reader's Digest, e due casse acustiche AR (Acoustic Research) che erano tutto il suo orgoglio.

Quando, nel pomeriggio, ci prendevamo una pausa dallo studio, se in casa sua non c'era nessuno, lo stereo andava a tutto volume; ora era Bach, ora Guccini, ora Karajan con Beethoven ad esaltarci o a farci riflettere, seduti muti e immemori di studi di funzioni o integrali, Kant o Rivoluzione francese, stechiometria o versione dal latino.

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