Alzarsi all'alba è la cosa più salutare da fare.
Immagine: una ceramica Tombelli
«Si seppe della sciagura la mattina del 4 Maggio: era stata verso le otto e trenta, un’esplosione al Camorra, un’esplosione spaventosa: avevano visto una gran nube di fumo uscire dalla bocca del pozzo, un boato sordo. (...)
«Le notizie che si diffusero subito erano vaghe e contraddittorie, ma la gravità del disastro fu subito chiara a tutti: le esperienze precedenti avevano insegnato che un’esplosione in una miniera di lignite, assume sempre proporzioni tragiche. Non è facile capire quel che è realmente successo. Una piccola folla di donne si accalca dinanzi al cancello dell’infermeria, ne esce un’auto con a bordo un uomo svenuto. Carabinieri, poliziotti, guardie giurate cercano di trattenere la gente che man mano cresce, preme.
«I primi morti uscirono dal Camorra verso le cinque del pomeriggio: l’opera di soccorso, o meglio, di raccolta delle vittime, continuò tutta la notte.
«La gente sta a guardare in silenzio (...). Quando suona il campanello dell’arganista il silenzio si fa ancora più grave, perché vuoi dire che arriva la «gabbia» (...). Una donna si mette a piangere (...). Un vecchio cammina avanti e indietro gridando solo una bestemmia, sempre quella. Fa: "Diolupo, diolupo, diolupo"...
«Rimasi quattro giorni nella piana di Montemassi, dallo scoppio fino ai funerali, e li vidi tirare su quarantatre morti, tanti fagotti dentro una coperta militare».