Scrive Carlo Emilio Gadda, nel suo diario "Giornale di guerra e di prigionia", alla data odierna, nel 1916:
Se queste mie memorie saranno lette in futuro, chi leggerà sappia che la discordia nelle file del nostro esercito, nella compagine della nostra vita nazionale è novanta volte su cento il frutto di imbecillità e di frivolezze […] e peggio. La nostra anima stupida, porca, cagna, bastarda, superficiale, asinesca tiene per dignità personale il dire: «io faccio quello che voglio, non ho padroni.» — Questo si chiama fierezza, libertà, dignità. Quando i superiori ti dicono di tosarti perché i pidocchi non ti popolino testa e corpo, tu, italiano ladro, dici: «io non mi toso, sono un uomo libero.» Quando un generale passa in prima linea, come passò Bloise, e si lamenta con ragione delle merde sparse dovunque, tu, italiano escremento, dici che il generale si occupa di merde: (frase da me udita sulle labbra d’un ufficiale). Se il generale se ne sta a casa sua, dici che è un imboscato, ecc. Abbasso la libertà, abbasso la fierezza, intese in questo senso. Non conosco nulla di più triviale che questi sentimenti da parrucchiere.
Per non dimenticare la Grande Guerra.