Nel medio evo par che fosse cosa facile di frodare i dazi, le gabelle e le altre tasse del Comune. E sebbene allora lo spionaggio venisse largamente favorito dalle leggi e i frodatori fossero gravemente puniti, i cittadini non ristavano, ogni qual volta se ne offriva loro l’occasione, di dare il meno possibile alle casse del Comune. Però il sentimento religioso, in quei tempi più vivo, in parte doveva frenare la cupidigia dei poco onesti cittadini, e molte volte accadeva che essi, sentendo qualche rimorso alla coscienza, a mezzo del confessore, restituissero alle casse pubbliche il denaro indebitamente ritenuto. Ma perchè alcuni per non confessarsi rei di simili frodi a intermediaria persona, si trattenevano dal fare la restituzione, il giorno 11 gennaio 1400 i Governatori della Repubblica [di Siena - ndr] deliberarono di far collocare in Duomo, e presso all’altar maggiore, una cassetta chiusa dove per un pertugio potervi introdurre il denaro frodato, senza che alcuno venisse ad accorgersene.
Che fosse un saggio provvedimento lo si può rilevare dalla lettura delle registrazioni delle entrate contabili nei libri di Biccherna (la Tesoreria Comunale).
Questo cassone continuò a stare in Duomo per quasi tutto il quattrocento, ma forse perchè negli ultimi anni di quel secolo non rendeva più alcun denaro, venne tolto di là come inutile oggetto.
Era finalmente iniziato l’Evo Moderno!
AA. VV., Miscellanea storica senese, anno II num. I, 1893, Siena, Stab. Tip. Carlo Nava. Online QUI.
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