lunedì 30 luglio 2007

Come gira il mondo?

Su come giri, letteralmente, il mondo, ci sono serie incertezze.
I TG della RAI, i primi a trasmettere, il globo terracqueo in movimento durante la sigla lo hanno fatto sempre ruotare come si deve, da Ovest verso Est o, se volete, da sinistra a destra. Forse perché si sono avvalsi, allora, della consulenza del faceto ma coltissimo prof. Alessandro Cutolo.
La7 ha avuto i suoi problemi, il mondo lo ha fatto ruotare alla rovescia per mesi, sia nella sigla del TG che nelle mini sigle degli spot pubblicitari; ha poi corretto la sigla del TG e solo molto, molto dopo, le mini sigle.
Canale 5, che ha cambiato la sigla circa un anno fa, ha fatto lo stesso errore: un bel globo che ruotava da destra a sinistra apriva la finestra sulle notizie del mondo, poi, dopo mesi, si è corretta.
Canale Italia fino ad un paio di settimane fa perseverava nell'errore; Sat 2000 ha due globi ruotanti, uno fatto di soli meridiani e paralleli, che ruota nel senso corretto, l'altro realistico, che ruota al contrario.
Come fai a fidarti di chi ti racconta di come girano le cose del mondo se neppure sa come gira il mondo?
Per fortuna ormai i telegiornali si limitano a far parlare i personaggi de 'L'Isola del Transatlantico' o a raccontarci le fiabe della buona notte, piene di veline, dei 'nostri amici animali' e di sport.
E qui non posso che dichiarare apertamente di condividere il pensiero di Marx, che diceva: "Trovo la TV molto istruttiva. Tutte le volte che qualcuno accende l'apparecchio, io vado in un'altra stanza a leggere un libro".
Va da sé che il Marx in questione è Groucho.

mercoledì 25 luglio 2007

Open space

Mi capita ancora, saltuariamente, di fare qualche piccola applicazione software, vuoi in Access, vuoi in VBA, per qualche cliente che ha problemi di rigidità con i propri sistemi informativi e che richiede soluzioni verticali 'leggere', che manipolino dati diversi e siano visibili dagli applicativi Office.
Niente di particolarmente complesso, progetti che, in un normale ambiente di sviluppo, richiederebbero qualche giorno di lavoro.
In realtà invece, grazie a varie cose di cui mi occupo e alle numerose micro-interruzioni, il lavoro si trascina molto più a lungo.
Trattandosi, come dicevo, di piccoli progetti, per contenerli bastano: qualche foglio bianco, lapis e gomma e gli appunti presi parlando con il cliente (oltre a qualche tabulato, i file di esempio etc.). Il tutto sta poi in un diagrammetto di flusso che 'vive' tranquillamente nella mia testa.
Fatta l'analisi e rivisto insieme al cliente il flusso operativo che dovrà seguire ed i dati che otterrà, comincia il lavoro di programmazione.
Le due fasi (analisi e programmazione) richiederebbero concentrazione e isolamento. Queste, però, sono due condizioni difficili da ottenere.
Ormai si tende ad adottare la struttura di ufficio a spazio aperto: così le informazioni circolano, così aumenta la collaborazione, così si ha sempre a portata di voce il collega di cui si ha bisogno.
Tutto ciò può essere vero, ma limitatamente a 'celle operative' simili: quando le persone che si trovano in aree comuni svolgono attività completamente diverse, come succede nell'azienda in cui lavoro, il risultato è, spesso, una grande bolla di rumore.
Alcuni definiscono gli indirizzamenti dei server di un cliente, qualcuno tiene accesa sulla scrivania una rumorosa 'appliance' che sta provando, altri fanno o ricevono telefonate, entra il corriere per consegne o per ritirare la merce....
La soluzione che trovo è una sola: cuffiette nelle orecchie e musica dal CD del portatile ad un volume tanto alto che io non sento più nulla e i colleghi sono costretti a scuotermi fisicamente per avere la mia attenzione. E' l'unico modo per mantenere la concentrazione (rivedo mia mamma che entra nella mia cameretta, dove sto studiando con lo stereo a tutto volume e mi dice 'Come fai a studiare con tutto questo rumore?'). Ed è un metodo adottato anche da un altro collega che fa attività di sviluppo WEB a tempo pieno, e che ha la necessità di isolarsi sia quando progetta i DB, sia quando combatte con Java, Ajax, PHP e non so che altro.
L'unica differenza è la musica che ascoltiamo: io ancora musica rock degli anni '70 ('sana e solida musica rock', come diceva, americaneggiando quel 'rock', Carlo Massarini dalla radio), jazz quando capita, classica (ma ovviamente con particolare attenzione alla presenza dei 'tutti' e dei fortissimo...), lui rock contemporaneo.
Nessuno dei due, mai, musica da meditazione (pur essendo amanti del vecchio Guccini )
Ho appena finito di riascoltare i Traffic di Welcome to the Canteen, e mi sembrava di esser stato ad ascoltare 'Per voi giovani' alla radio, negli anni '70. Il lavoro grosso l'ho finito, il DB è progettato, le maschere anche, addirittura ho provato a fare qualche stampa: sembra tutto OK. Domani pomeriggio lo proverò con una bella massa di dati che il cliente mi ha inviato poco fa per e-mail.
Chissà se riuscirò a trovare, per domani, un qualche CD dei Deep Purple o dei Led Zeppelin, non erano tra i miei preferiti, ma quanto a 'rumore'....

martedì 24 luglio 2007

Festa a Pechino

Festa grande, domani, a Pechino per la riunione di tutti i vescovi dell' Associazione Cattolica Patriottica Cinese che celebrerà il suo 50° anniversario.
Intanto il Collegio Cattolico Episcopale Cinese sta esaminando l'elezione del Vescovo di Pechino, che ha ottenuto 73 voti su 94 nelle elezioni, avendo la meglio su altri tre candidati. "Daremo retta alla voce della maggioranza, ma dobbiamo verificare il processo di voto" (sic!) ha dichiarato il vice-presidente dell'Associazione.

Fonte: China Daily di oggi - Edizione di Hong Kong (rintracciabile qui)

10 miliardi di dollari


10 miliardi di dollari per contribuire allo Sviluppo della Conoscenza e della Cultura.

Sua Altezza lo Sceicco Mohammed Bin Rashid Al Maktoum annuncia la costituzione, con una donazione di 10 miliardi di dollari, della sua fondazione che si concentrerà sullo sviluppo umano nella regione. La fondazione faciliterà e promuoverà la creazione e la diffusione della conoscenza e farà crescere futuri leader, fornendo loro pari opportunità allo scopo di costruire una società basata sulla conoscenza.

Fondazione Mohammed Bin Rashid Al Maktoum

domenica 22 luglio 2007

Estate e ghiaccioli

Non ricordo che le mie estati di bambino fossero particolarmente calde; a casa non avevamo sicuramente neanche un ventilatore e quelle giornate di vacanze erano tutte o al mare o in pineta o a giocare per strada.
Non c'erano neppure molti gelati, nelle mie est
ati ma almeno un paio di volte alla settimana c'era il ghiacciolo.
All'ora di merenda andavo da solo a comprarlo, a pochi isolati da casa, al bar dell'Albergo Minerva, in via Bicocchi, proprio accanto alla casa dove ero nato.
Il barista mi metteva un po' soggezione: vestito di bianco, molto formale; spesso non era nel bar e mi toccava aspettarlo; ne approfittavo per dare un'occhiata all'interno della sala da pranzo dell'albergo, che si apriva, di fronte alla porta dell'ingresso, sul fondo del bar: mi sembrava enorme, le luci accese, già tutta pronta e in ordine per l'ora di cena.
Di solito compravo, come dicevo, un ghiacciolo. Il barista, aprendo l'enorme frigo a pozzo, mi faceva scegliere il gusto: era arancio o amarena, qualche volta menta. Pagavo le mie quindici, forse venti lire e tornavo piano piano a casa, la bocca colorata e fredda.

In realtà avrei voluto comprarmi
un ghiacciolo 'Arlecchino', di quelli a strisce colorate di cinque o sei gusti, ma costava il doppio di un ghiacciolo comune e solo qualche rara volta avevo monetine sufficienti. In quei casi era una festa: invece di gustare il ghiaccio del solito monotono sapore, mi divertivo a succhiare via con le labbra, aspirando forte, lo sciroppo verde, magenta o giallo, lasciando quasi intatto il ghiacciolo che, rimasto completamente decolorato e insapore, mangiavo alla fine a grandi morsi.

venerdì 20 luglio 2007

10 x 10 = 100

Ten by ten è un modo originale per vedere di quali cose si sta parlando in questo momento in giro per il mondo.
In una griglia di cento foto, l'aggiornamento avviene ogni ora, vengono portate in evidenza, duplicate e spostate immagini di notizie che un 'robot' colleziona da alcune fonti predefinite.
Cliccando su una foto, l'immagine si ingrandisce e si può selezionare uno dei link per approfondire l'argomento.

E questo è il centesimo post.

La vendemmia di SKY

Mi fa un certo senso vedere lo spot di SKY, attualmente trasmesso e ritrasmesso in TV, dove si colgono e vendemmiano uomini-frutto. Come non ricordare il cupo canto XIII dell'Inferno, e Dante che incontra Pier delle Vigne nella selva dei suicidi che son stati trasformati in alberi-uomini?
Allor porsi la mano un poco avante
e colsi un ramicel da un gran pruno;
e 'l tronco suo gridò: "Perché mi schiante?".

Da che fatto fu poi di sangue bruno,
ricominciò a dir: "Perché mi scerpi?

non hai tu spirto di pietade alcuno?
E come non riandare al mitico albero parlante, il Wak Wak, ne
Il Medioevo Fantastico di Jurgis Baltrusaitis ?

Scaricare filmati da Tudou

Mi è stato chiesto come scaricare un filmato dal sito Chinese Tudou.
Selezionato il filmato, copiarne il link

Andare su questo sito.

Incollare il link copiato nella casella lunga, in alto, nella pagina (tipicamente: tutta di punti interrogativi)
Cliccare sul pulsante blu a destra della casella dove si è copiato il link

Cliccare sulla scritta in verde, sotto l'immagine, accanto alla freccetta verso il basso.

Il file downlodato è in formato flv e si può visualizzare ad esempio con VLC media Player .


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Aggiornamento Ottobre 2012: vedi commenti

giovedì 19 luglio 2007

You Tube? No, Patata Chinese

You Tube imperversa, ed i Chinesi non sono da meno.
Da loro si chiama TuDou (patata), dateci un'occhiata; la filosofia che ci sta dietro è la stessa anche se è un po' difficile la navigazione, vista l'assenza di una interfaccia con caratteri occidentali.
Il sito apre alla pubblicità, che potrà essere incorporata nei video, e diventerà più intensa con quelli che sono gli attuali inserzionisti, Adidas, Ford, KFC, Lenovo, Motorola, Nike, Pepsi, Samsung, e Sony.
[Via: AmericanVentureMagazine]

La gente, sono ignoranti

Sabaoth, Dio degli eserciti, mostra la Tua potenza: liberaci per sempre dai giornalisti e dai politici che, quando parlano, non riescono a dire due frasi senza fare un anacoluto!

Pecore nere

Pecore nere
C'era un gregge di pecore a Siena,
di belati la notte era piena.

"Ci dovete ascoltare

il mondo ha da cambiare"

ma quel gregge si sentiva appèna.


Dedicato alle Pecorenere.

mercoledì 18 luglio 2007

Per mia moglie


Va bene mettere un po' di pepe nella nostra vita, ma ne dovevi proprio comprare un chilo?

Toshiba laptop

Quando 'Paolino' doveva andare a Napoli, per un intervento di assistenza ad un suo cliente, era contentissimo e faceva il giro degli uffici per annunciare l'evento. Napoli voleva dire un bel viaggio in treno da Firenze, albergo, pranzi al ristorante e qualche giorno fuori dal tran-tran dell'ufficio.
E poi, c'era il Toshiba.
Sì, perché in queste sue 'missioni', Paolo aveva il diritto di portare con se un PC portatile, uno dei primi del tempo ed uno dei pochi che erano in azienda. Non ricordo se era un T3200 od un T5200, comunque un laptop con processore Intel 386, un nero oggetto del desiderio con un incredibile video al plasma (cioè: con caratteri arancione su sfondo nero che ti spaccavano gli occhi se ci lavoravi qualche ora).
Il guaio di quel portatile era il peso: più di sette chili e mezzo e quando il venerdì, prima della missione a Napoli, Paolino faceva un secondo giro degli uffici, portando sulla spalla la borsa con il PC, dopo pochi passi già mostrava segni di affaticamento: molto giovane, magrolino, alto forse non più di un metro e sessanta, quella zavorra era troppo per lui e allora qualcuno cominciava a prenderlo in giro; lui rispondeva, un po' imbarazzato, come da copione, che era tutta invidia, la nostra.
Lo rivedevamo poi qualche giorno dopo, a raccontarci incredibili storie della sua trasferta.

martedì 17 luglio 2007

Rudolf Arnheim


Un libro da leggere.

Rudolf Arnheim e' morto il 9 Giugno, più che centenario.

Sport

Stamani ho fatto almeno tre chilometri in cyclette. Una faticaccia: non ho trovato nemmeno una discesa!

lunedì 16 luglio 2007

Baba O'Riley

Ci sono dei brani musicali che ti restano in mente per anni, poi li dimentichi, passano di moda. Un giorno ricominciano a imperversare, sottilmente onnipresenti.
Succede, ad esempio, con Baba O'Riley.
E' un brano degli Who, da Who's next, (1971) con una lunga introduzione di sintetizzatore, un vero tormentone, che ha fatto la sua ricomparsa qualche anno fa, prima come musica 'consolatoria' ascoltata dal Dr. House nel suo studio, durante un episodio della serie TV, poi come sigla di apertura della serie CSI - New York, nel frattempo come sigla di una pubblicità (dell'HP, di CISCO?).

Le prime volte, un brivido giù per la schiena per i ricordi, poi, un po' di fastidio per questo uso che non tiene conto dei salti spazio-temporali.

Saint Tropez



"26.12.58

Cordialità da Saint Tropez."


Trovato in C.W. Ceram, Il libro delle rupi.

Uomini e topi - 2

Un topo, dispettoso e abitudinario, ruba il pranzo dalla mensa di Ildeberto (1056-1133, vescovo, autore di scritti teologici, sermoni, poesie e lettere) che sta lavorando. Sul manoscritto si legge la frase "Pessime mus, sepius me provocas ad iram, ut Deus te perdat!". Cioè: "Perfido topo, mi fai sempre arrabbiare, che Dio ti perda!"

L'Italia che lavora

Prima avevamo un Presidente 'operaio', ora abbiamo un Presidente 'muratore'?

venerdì 13 luglio 2007

Nonno Angelo

Certe serate ti avvitano nel multistrato dei ricordi e, quando serri la vite, un po' fa male. Poi il legno cede e tutto va a posto. 
Stavamo cenando con la TV accesa, parlando; ogni tanto un'occhiata alla trasmissione, ogni tanto un cambio di canale, tra un TG e l'altro, tanto sono così uguali e hanno le stesse scalette che capita di trovare su una rete il proseguimento di un servizio iniziato su un'altra.
A tavola anche mia mamma, ospite per qualche giorno a Siena. In TV hanno balbettato di un aumento delle pensioni minime e poi c'è stata la solita 'tirata' sulle famiglie 'che non arrivano all'ultima settimana del mese'. "E dove vanno?" ho commentato, cinico, a bocca piena.
Mi sono rivisto allora davanti nonno Angelo: malvestito, la barba e i capelli brizzolati tutti arruffati. Avevo tre anni, forse tre anni e mezzo e nonno Angelo, lo chiamavano così non perché fosse il suo nome ma per la mitezza del carattere, era un mendicante che se ne andava in giro per le strade di Follonica, cinquanta anni fa. Ho il ricordo di una ciotola di stagno e di un cucchiaio di rame; ogni tanto qualcuno gli dava qualcosa da mangiare; nessuno lo trattava male, tanti si ricordavano ancora della fame del periodo della guerra.
Era sicuramente un estraneo, ma non mi faceva paura: gli animali uomo sono spaventati dagli 'anomali', gli altri animali sono particolarmente aggressivi o impauriti in presenza di mendicanti, di down o di malati di mente; ho notato varie volte questi atteggiamenti nei cani e nei gatti.
Mia mamma mi ha allora raccontato dell'hard discount vicino a casa sua; hanno un cassone dove rovesciano gli scarti della frutta e della verdura; ogni tanto ha visto alcune persone, non del negozio, andarci a curiosare. Glielo hanno dovuto spiegare alcune sue amiche, lei non lo aveva capito e non voleva crederci: c'è chi rovista tra gli scarti di un supermercato per trovare qualcosa da mangiare ma non si tratta né di extra comunitari, né di barboni malvestiti: sono cinquantenni italiani, vestiti decentemente, che non possono però più permettersi di vergognarsi. E questo nella grassa Maremma.
"E andiamo a portare aiuti in Kosovo!"
"Il gelato, non si mangia il gelato stasera?" "Che gelato vuoi?".

La scoperta di Punta Ala

A Punta Ala (ma noi la chiamiamo semplicemente Puntàla, legando le parole; Punta Troia era bruttino come nome e l'Immaginifico d'Annunzio fece bene a ribattezzarlo, questo luogo, che fu, nel periodo fascista, ritrovo di signorine, signore, demi-mondaine e ...), a Puntàla, dicevo, deve succedere qualcosa di strano.
Stamattina addolcivo il caffellatte della mia colazione con la melassa dei notiziari TV, quando il (Presidente?) dell'A.T.O. n. 6 Ombrone ha annunciato, dalle antenne della grossetana TV9, che quest'anno ci sono problemi molto seri nei rifornimenti idrici a Puntàla, dovuti sostanzialmente alla presenza di numerose piscine ed al lavaggio di automezzi ed ha dichiarato che la sua azienda sta facendo il possibile, usando addirittura le autobotti, per migliorare la distribuzione dell'acqua.
Ma guarda, ho pensato, qualcuno quest'inverno deve aver riscoperto questa parte di mondo dimenticata da Dio e dagli uomini, magari, che so, per una replica di 'Chi legge?' di Mario Soldati con la puntata dedicata al Castello di Balbo a Punta Troia Ala .
Allora, nei mesi scorsi, si devono essere mossi tutti a costruir ville e a scavare piscine come pazzi, senza dir niente a nessuno né chiedere permessi, in modo da far trovare, all'improvviso, tanti profondi laghetti pronti per essere riempiti. E poi avranno aperto i rubinetti e, via, gli altri sono rimasti senz'acqua.
In questo turbinio di lavori di scavo, centinaia, migliaia di scarriolanti hanno portato la terra da una parte all'altra del promontorio, coprendo per mesi e mesi l'area di polveri rossastre e nere; alla fine, mentre l'acqua pian piano stava portando le piscine a livello, stanchi, sporchi e accaldati, le migliaia di lavoranti si son buttati, come un sol uomo, sotto le docce, aperte al massimo. E finalmene rinfrescati, tutti a lavare le auto, sepolte da mesi e mesi di depositi di polveri e di terra.
Mi sarei aspettato, Presidente, non lo nego, una spiegazione decisamente più tecnica, più realistica. Che so: che i diportisti con barche di elevato pescaggio, non potendo usare l'approdo di Puntàla, si erano messi d'accordo con le autorità del porto, obbligando gli abitanti del luogo a lasciar aperte, per mesi, le cannelle dell'acqua per far aumentare il livello del mare.
Ma lei dica, presidente, dica;
noi, a bocca aperta, le beviamo tutte....

mercoledì 11 luglio 2007

Programma...cosa?

Al mio babbo la cosa era del tutto incomprensibile. Come poteva mai essere che fosse un lavoro quello che facevo pigiando dei tasti di un ingombrante oggetto grigio che aveva l'aspetto di un brutto televisore?
L'M20 dell'Olivetti me lo aveva visto portare a casa con notevole sforzo fisico (pesava da morire, ed io ero, pelle ed ossa comprese, poco più di sessanta chili per quasi un metro e ottanta); l'aveva visto sulla scrivania della mia cameretta e non aveva chiesto nulla: semplicemente non capiva. Per lui lavoro era, necessariamente, lavoro fisico: se non avevi una pala in mano, un piccone, almeno un martello e uno scalpello, se non sudavi, insomma, beh, quello non poteva essere un lavoro!
Sapeva bene che ero un bravo ragazzo, studioso e con una predilezione per i libri, avrei potuto fare, che so, il professore, l'ingegnere in una bella ditta di elettronica, ma invece cosa stavo facendo?
Spiegargli cosa fosse la 'programmazione' di un computer era troppo difficile: gli dissi che stavo realizzando delle 'cose' che permettevano all'Esattoria Comunale di riscuotere correttamente le tasse e di tenere i conti per il Comune e per il Ministero del Tesoro. Questo lo colpì: ci vuole del cervello per fare cose del genere, ma rimase perplesso. Poi aprii un mio conto corrente, cominciai a versarci dei soldi, ricevevo, a casa, telefonate di lavoro dall'Esattoria, dal villaggio svedese di Riva del Sole, da alcuni noti professionisti.
Cosa fosse la 'programmazione' ormai al mio babbo non importava molto, è rimasto per sempre un mistero per lui cosa fosse questo lavoro fatto in 'punta di dita', ma che dietro ci volesse una testa con un bel cervello, questo era un dato di fatto, una mente acuta e brillante come era la sua (e che io avevo ereditato...). Su una cosa concordavamo: i lavori si fanno con la testa, sempre, tutti.

Legenda

Ho due libroni da leggere, ne avrò per un bel po'. Sono libri ingombranti, da scrivania e da meditazioni scientifiche, specie il secondo.
Il primo è fresco di attraversamento dell'Atlantico e fresco di inchiostro: Reinassance vision from Spectacles to telescopes, del prof. Vincent Ilardi; non risulta ancora neppure disponibile su Amazon. (Memoirs of the American Philosophical Society, Cloth. 378 pp. ISBN-10: 0-87169-259-7, 85$)
Statunitense di nascita, ma di origini (e di infanzia) siciliane, il prof. Ilardi focalizza, è il caso di dirlo, il saggio storico sulle origini e sulla produzione degli occhiali in Europa, mettendo in evidenza la centralità di Firenze, che viene alla luce da una serie di recenti documenti d'archivio, rispetto alla supposta supremazia di Venezia.
In effetti, scorrendo l'indice e un po' di pagine a caso, si parla molto più di occhiali che di telescopi; l'apparato iconografico è un ricco excursus tra disegni, quadri ed affreschi, ricchi di improbabili quattrocchi (c'è anche un disegno di un demone occhialuto!) del periodo che va tra la fine del 1200 e quella del 1600
Il secondo libro è il catalogo di una mostra La misura del tempo - L'antico splendore dell'orologeria italiana dal XV al XVIII secolo tenuta a Trento, nel castello del Buonconsiglio, nella seconda metà del 2005. (672 pag., ill., cartonato, 75€)
Ricco di saggi e di immagini, sia di oggetti 'segnatempo' che di loro citazioni in incisioni e dipinti, ha quasi settecento pagine riccamente illustrate. Un po' troppo focalizzato su orologi e strumenti per fabbricarli (sì, è il tema della mostra, ma io e le cose meccaniche non andiamo molto d'accordo), ha anche ricche sezioni su orologi solari e notturnali (la parte che mi interessa maggiormente).
Bene, inforco gli occhiali e prendo il mio tempo...

martedì 10 luglio 2007

L'antica madre

Senza pile


Carlo Emilio Gadda ne L'Adalgisa diceva, più o meno, che l'unico posto in cui un Ingegnere non portava con sé il suo regolo calcolatore era la spiaggia, perché 'difficilmente si arriverebbe a ricavare un taschino dalla mammella sinistra'.
Quella curiosa barretta che si teneva a portata di mano, pronti ad ogni evenienza di calcolo, è ormai oggetto di modernariato: qualche tempo fa ne ho portato uno in ufficio per farlo vedere ad alcuni giovani colleghi che ne ignoravano addirittura il nome.
Io ho imparato ad usarlo in 4^ o 5^ liceo, poi mi è servito per preparare l'esame di Fisica I. Quello stesso anno mi sono comprato la mia prima calcolatrice programmabile ed il regolo è diventato un comodo tiralinee.
Ci sono molti collezionisti, in giro, ed anche degli appassionati bravissimi a simularne il funzionamento con eccellenti modelli virtuali, come si vede nelle pagine della Derek's Virtual Slide Rule Gallery.

lunedì 9 luglio 2007

Chiavi e buoi

Tutto è cominciato con un documentario, su Canale 3 Toscana, sui buoi che a Siena, in Piazza del Campo, tirano il Carroccio durante la sfilata che precede la carriera del Palio. Il servizio mostrava la coppia di bestie tranquille e ormai non più use ai lavori nei campi, che si 'allenavano' per la loro passerella annuale.
Mi sono soffermato sulle immagini perché non avevo mai visto aggiogare una coppia di buoi, ed ero curioso di capire come gli animali trasferissero lo sforzo al carro da trainare; mi immaginavo una qualche 'pettorina', come i cavalli o gli asini.

Invece il giogo si adatta ai colli, viene fissato ai sottogola degli animali con una correggia di cuoio e rimane fisso un po' per il peso, un po' per l'osso della schiena che sporge e che costituisce il punto di attacco delle forze (ad essere precisi si chiama giogo doppio di garrese). Tra le due insenature del giogo c'è un anello, dentro il quale viene fatto passare il timone del carro da trascinare; lo scorrimento del timone viene bloccato semplicemente da una sbarra (in ferro) che rimane al suo posto per semplice forza di gravità, la cavicchia.
Il termine cavicchio mi è noto, è un bastoncino di legno, per un qualche uso generico, piantato nel muro o per terra (o facente parte integrante di uno strumento musicale, ma allora è un bischero) ma ho dato credito all'espressione dell'allevatore aretino: se un vecchio contadino toscano usa una parola in un certo modo, si può star sicuri che ha un significato specifico e non è una semplice corruzione popolare di una parola del vocabolario in uso.
Cavicchia, al femminile: dunque qualcosa di più grande di un cavicchio. "Un particolare tipo di chiavarda" , dice il Devoto-Oli, un "organo di fissaggio o collegamento, simile al bullone e funzionante come una vite prigioniera." Etimologicamente derivato di chiave.
La derivazione da chiave non la sapevo né l'avevo pensata.
E dunque, dal greco KLEIS, derivano clavis (da cui chiave) e clavus (da cui chiodo) e , immagino, claviculus, piccolo chiodo, cavicchio. Perché le chiavi erano, originariamente, nient'altro che dei pezzi di bronzo o ferro, opportunamente sagomati che non servivano a far ruotare un tamburo, come nella serratura di casa, ma a far scorrere un paletto o a muovere un sali-scendi.
La famosa chiave del tempio di Artemis Hemera a Louisoi, in Arcadia, risale al V sec. a.C., e tutto sembra tranne che una moderna chiave; (ce ne sono di ben più antiche, risalenti all'età del bronzo. Vedi il catalogo della mostra Oltre la porta tenuta a Trento nel 1996).

venerdì 6 luglio 2007

Coseni Iperbolici

Tutte le volte che sono in cima alla Strada di Vico Alto, scendendo verso Siena, lo spettacolo che vedo mi stringe il cuore.
Svetta, fallico e tecnico, dal lato di una collinetta, una splendido traliccio a struttura reticolata dell'Enel.

I sette fili, che corrono alla sua destra e alla sua sinistra, e che spiccano col loro colore nero nel cielo, ora latteo, ora grigio e rannuvolato, ora celestino, vanno ad unirsi a due altri pilastri, che si indovinano ma non si riescono a vedere, e che percorrono a passi uguali tutta la regione sottostante.

Il magnifico equilibrio del traliccio farebbe invidia ad un professore di Scienza delle Costruzioni e la scomposizione dei poligoni delle forze costituirebbe un bel tema per una esercitazione.
Come non rimanere affascinati, poi, dal monumento che i sette fili (sette come le meraviglie del mondo, come il numero dei saggi, come i colori dell'arcobaleno, come gli attributi di Allah, come i bracci del Menorah, come le chiavi musicali, come i numeri romani, come i libri dell'epteuteco, come i nani di Biancaneve, come le Pleiadi, com
e le note musicali, come i tipi di sassofono, come i livelli del modello ISO/OSI) costituiscono, oltre che alla tecnologia, anche alla matematica?
Non c'è chi non veda, nell'eleganza della catenaria che descrivono nell'aria e nel coseno iperbolico che la rappresenta:

definito per la prima volta da Huygens alla fine del 1600 (avete notato, Huygens ha sette lettere), un'espressione fulgida della tecnologia e della matematica.
Questo monumento plurimo, che abbiamo la fortuna di possedere e che spesso, purtroppo, passa inosservato, è deturpato da un 'fondale' per nulla degno di tanto splendore.
Si vedono, ahimè, sullo sfondo, manufatti umani di bassissimo valore tecnologico, vecchie case di vetusto mattone, di pietra addirittura, biancori di ignobile marmo di chiese e di duomi, campanili inutili concorrenti dello svettante gigante d'acciaio; è ora, e lo dico con forza, di far scomparire tutte queste ignobili, vecchie, inutili, vestigia dell'Homo arcaicus e di dare alla Tecnologia il risalto che le compete.
Che tutto il vergognoso sfondo scompaia in una nube di polvere rossastra e che arrivi un'alba radiosa in cui il grande traliccio torreggi, gigante solitario, sulla terra che lo circonda.

giovedì 5 luglio 2007

Prevenire è meglio che ...

Tutti abbiamo il portafoglio pieno di card. Ce le danno i supermercati, i benzinai, i parrucchieri, le librerie, il negozio cinese dietro l'angolo. Tutti vogliono tenere il conto di cosa compriamo, in quale ora, con quale spesa massima, in che giorno, in quale negozio della catena. Così sono pronti a capire i nostri gusti, le nostre abitudini e ad adeguare la propria struttura commerciale, a verificare l'impatto di un nuovo prodotto o di un nuovo modo di esporre la merce. A questo gioco ci stiamo un po' tutti; in cambio di queste informazioni, preziose, veniamo ricompensati con punti, sconti, premi, iniziative promozionali.
Fin qui il passato.

Qualche mese fa la COOP Centro Italia ha superato questo modello ed ha chiesto ai propri soci di indicare, in un carnet di 100 prodotti, quelli sui quali avrebbero desiderato, per tutto l'anno, uno sconto del 10%.
In questo caso, dunque, si è trattato non di avere una informazione sui consumi reali, ma di conoscere anticipatamente i gusti delle persone, per poi gestire opportunamente gli acquisti. Chi mai, dopo aver indicato 20 articoli su cui voleva uno sconto, non li avrebbe poi comprati una volta presenti sui banconi del supermercato?
Un'operazione presentata come rivolta ad avvantaggiare i clienti consumatori, dove però i prodotti presenti sono, in larga percentuale, prodotti di marca che normalmente hanno un prezzo più alto, anche molto più alto, di quelli, in genere ottimi, a marchio COOP.

mercoledì 4 luglio 2007

Uomini e topi - 1

"Ciao ragazzi, che fate?". Mario S. aveva aperto la porta dell'ufficio di Ernesto, uno dei tanti mini uffici, dalle pareti trasparenti, in cui si svolgeva l'attività dell'azienda. "Ciao" risposi; "Ciao Mario, si stava guardando questo programma", rispose Ernesto, facendo un cenno con la testa al video del suo PC. In azienda ci davamo tutti del tu, ma anche se Mario era maremmano come noi due, e grossetano come Ernesto, era pur sempre l'Amministratore, per cui non si riusciva proprio ad essere spontanei. "Sì, la grafica sarà il futuro, fra un po' 'quello' lo useremo tutti." e accennò al mouse che Ernesto stava muovendo. "Più tardi ripasso, mi servirebbe che tu mi impaginassi una presentazione dell'azienda, se non hai troppo da fare". "No, no, passa, il tempo lo trovo" rispose Ernesto. Lo salutammo mentre usciva.
Avevamo preso l'abitudine, Ernesto ed io, quando lui non era fuori per qualche installazione di software, di fare due chiacchiere durante la pausa pranzo. Un panino trangugiato in fretta al bar della signora Maria di là dalla strada, o nel freddo gelido o nel caldo impossibile di Firenze, secondo la stagione, e poi si tornava a rifugiarsi nei nostri cubicoli; lui era fortunato, aveva un ufficio tutto per sé, con due scrivanie, il luogo ideale per chiacchierare. Del lavoro, soprattutto, dell'Azienda, qualche volta.
Ernesto era uno dei pochi che usava una qualche versione di Windows, con un software di impaginazione, e quindi utilizzava il mouse, quel curioso oggetto che non era ancora onnipresente sulle scrivanie. Il resto dell'azienda lavorava con la sola tastiera, e chi, come me, faceva sviluppo software, era impegnato a districarsi tra i limiti di memoria delle compilazioni del QB45 (Microsoft Quick Basic 4.5) e le routine di indicizzazione FABS e certo nulla sapevo degli eventi.
Ogni tanto Ernesto mi faceva vedere l'uso di qualche programma, spiegandomi come era configurato il mouse e a cosa servivano i tasti. Il mouse era un mitico Logitech, il C7, era il 1988 ed il prezzo di listino negli USA era di 119$. "La Logitech è Svizzera, ma i fondatori sono italiani" (lo sapevo, leggevamo la stessa, prima, rivista di informatica italiana, e io, snobbisticamente, leggevo anche Byte) e comunque già lo facevano a Taiwan....
Per motivi veramente troppo lunghi da raccontare, oggi quel C7 con il suo cavetto seriale (sì, proprio quello di Ernesto) è tra le cianfrusaglie elettroniche che invecchiano in un armadio in casa mia, con quel suo design squadrato, assolutamente fuori moda, da modernariato informatico.
Purtroppo è uno di quei dispositivi di cui Windows XP ha decretato la morte.

La COOP non è che un apostrofo rosa...


C'erano già i biscottini cinesi della fortuna, e poi le praline di Perugia a regalarci motti demodé. Ci voleva anche la COOP a tappezzare la carta da cucina di frasi moraleggianti?
Non si può realizzarla semplicemente bianca?
"I decori sono realizzati con colori atossici" dice l'involucro, "tuttavia, per il contatto con gli alimenti, ti consigliamo di utilizzare il prodotto dalla parte non decorata".
E poi, sicuri che, nonostante le nostre abitudini, la carta da cucina possiamo metterla tranquillamente a contatto con i cibi?. Su nessuna ho letto mai 'carta per alimenti'.
(Per tacere di quanto mi infastidiscono quelli che mi danno del tu senza avere con me una consuetudine almeno pluridecennale...).

lunedì 2 luglio 2007

domenica 1 luglio 2007

Coincidenze

Mark Twain dedica al fenomeno un racconto: Telegrafia mentale, che mi è tornato in mente venerdì sera. Il libro l'ho letto da bambino, ma ricordo ancora molti dei racconti che ne fanno parte, forse perché è stata la mia prima lettura di un libro che non era per l'infanzia e quindi le storie mi hanno colpito in maniera particolare.
Il racconto parla di un fenomeno che, dice lo scrittore, gli capita spesso, e forse è capitato anche a voi; per molto tempo non si ha notizia di una persona o di un evento, si tarda a scrivere o chiedere informazioni ed ecco che, quando si decide di inviare, che so, una lettera di sollecito, ancor prima che questa sia partita, arriva la risposta desiderata.
Mark Twain fornisce vari esempi e arriva a sostenere che, se si è scritta una lettera ad un amico, non importa neppure indirizzarla al recapito giusto, o addirittura imbucarla, perché l'atto stesso dello scrivere mette in comunicazione mentale con il destinatario, che non mancherà di farsi vivo in un tempo brevissimo.
Veniamo ai fatti.
Ogni tanto mia moglie ed io (ma soprattutto lei) acquistiamo vecchi volumi introvabili in libreria o negli ormai rarissimi remainders o negozi di libri usati. Ci capita di fare acquisti presso Firenze Libri (che corrisponde, poi, alla Libreria Chiari). Hanno un buon catalogo on-line, basta una e-mail di ordine, ti rispondono sollecitamente con lo stesso mezzo e dopo qualche giorno arrivano i libri. Niente da dire sul servizio. Ma questa volta, all'ordine fatto il 1° giugno, e al quale è stata data la solita sollecita conferma, non è seguita la consegna.
Non avevamo particolare urgenza, abbiamo fatto passare i giorni; poi abbiamo cominciato a controllare se nella buca della posta c'era l'avviso di consegna. Niente. "Bisognerebbe informarsi". "Si, gli mando un' e-mail". "Li hai sentiti?". "No, mi sono dimenticato, li chiamo domani". La cosa è andata avanti così per diversi giorni.
Venerdì mattina, resomi conto che ormai era passato un mese dall'ordine, ho fatto una telefonata per informarmi. Chi mi ha risposto non è riuscito a trovare i riferimenti del mio ordine, e mi ha chiesto di inoltrargli i messaggi originali, cosa che ho fatto puntualmente. La mia reazione è stata: si sono persi l'ordine, chissà diavolo come li gestiscono! Ora riparte l'attesa e non è detto che dopo un mese i libri richiesti siano ancora disponibili.
Quando la sera sono rientrato a casa ho trovato, in bella mostra, sul tavolo del salone, l'avviso, multicolore, del corriere che era passato, all'ora di pranzo, per consegnare i libri, purtroppo senza trovare qualcuno in casa.
Mi sono ricordato improvvisamente del racconto di Mark Twain.

Il prete di Travale

"A Travale c'era un prete - raccontava mio nonno - che sapeva parlare proprio bene. Ti ci incantava. E le vecchie, in chiesa, lo ascoltavano a bocca aperta. Dice che una sera, di venerdì santo, s'era accalorato così tanto nel raccontare delle sofferenze e della morte di Cristo, che tutte le donnine che erano in chiesa si erano messe a piangere. Dice che quando se n'accorse, non sapendo come fare a farle smettere gli disse 'Oh, donne, via, che piangete a fare: son cose tanto vecchie e poi non son mica vere!' "
Mio nonno, da vecchio socialista, ci si divertiva a raccontarla, e "Fai come il prete di Travale" era diventato un modo di dire.
Immaginate il mio stupore nel leggere, in una raccolta di articoli giornalistici di Luciano Bianciardi Chiese escatollo e nessuno raddoppiò, la stessa storiella, pubblicata sull'Unità nel '56.
Escludendo categoricamente che mio nonno l'abbia letto sul quotidiano comunista (ha comprato e letto L'Avanti, tutti i giorni della sua vita, anche la domenica in cui è morto, a 86 anni), o era vero o la storiella circolava in quegli anni in maremma e gli immancabili mangiapreti si divertivano a diffonderla.

Aggiornamento del 25/02/12
Forse ho chiarito l'arcano ed ho trovato la fonte del raccontino: era stato pubblicato nelle Cento novelle lucchesi da Idelfonso Nieri, nel 1891-94, ed è la novella numero LXXXIV , "Son cose tanto antiche!". Evidentemente l'aveva letta anche il Bianciardi...

Le novelle del Nieri le potete scaricare dal sito di Scrivolo.